Lo Zen

La cultura giapponese ha da sempre affascinato il mondo europeo, che vi ha spesso trovato ispirazione nell’estetica sobria ed elegante, nell’arte, nella cucina e nelle “filosofie” di vita. Tra queste, lo zen rappresenta forse la più conosciuta e apprezzata

La scorsa settimana abbiamo parlato con Andrea Eko Maragno, monaco zen e presidente del Tempio buddista zen Ora Zen di Padova, fondato nel 2017 con lo scopo di diffondere questa pratica e avvicinarla alle persone. Grazie agli insegnamenti del Maestro Tetsugen Serra, Andrea ha reso lo zen la sua quotidianità, coniugandolo alla creatività della sua attività professionale di designer.

La parola “zen”, il cui significato letterale è “visione”, “meditazione”, deriva dal cinese ch’an e consiste nella traduzione del termine sanscrito dhyana, ossia una pratica molto diffusa nel buddhismo e in altre discipline orientali per raggiungere l’illuminazione.

Questa pratica ha radici antichissime. L’origine dello zen viene infatti ricondotta al VI secolo, quando secondo la leggenda il Buddha Shakyamuni, mostrando un fiore sorridendo all’assemblea di monaci venne ricambiato dal discepolo Mahakashyapa, il quale ricevette così l’essenza del risveglio. Questo insegnamento giunse in Cina nel V secolo grazie alla figura di Bodhidharma, che dopo aver visitato numerosi templi, si stabilì al Tempio Shaolin, dove la leggenda narra che rimase seduto per nove anni immobile in meditazione in una grotta. I due rami principali dello zen giapponese nacquero invece tra il XII e il XIII secolo, grazie agli insegnamenti dei maestri Eisai e Dogen, che fondarono rispettivamente le pratiche Rinzai e Soto.

Innazitutto, parliamo appunto di pratica zen, dunque di esperienza, non di una filosofia, né di una religione. La parola indica uno stato dello spirito, una forma mentale in grado di riportarci al “qui e ora”, prendendo le distanze dalle distrazioni quotidiane. Secondo lo zen infatti, solo eliminando i nostri schemi mentali e allontanandoci dall’attaccamento alle cose materiali è possibile raggiungere la Verità Assoluta per poterla vivere in pienezza, abbandonando l’individualità per sentirsi parte di qualcosa di più grande.

Semplificando, dunque, zen significa sentirsi parte del flusso dell’universo, allontanarsi dalle distrazioni del mondo materiale per acquisire consapevolezza dell’attimo presente, sperimentando la connessione con il mondo e con tutto ciò che ne fa parte e ringraziando per il dono della vita.  

Come dicevamo, oggi nel mondo occidentale i riferimenti a questa dottrina, che in Giappone ha influenzato gran parte della cultura della produzione letteraria e artistica del Paese, sono numerosissimi. Dai giardini zen, al design di prodotti che hanno cambiato il mondo, ai fenomeni cinematografici, la nostra cultura è ricca di riferimenti che si rifanno all’essenzialità di questa dottrina

L’Occidente iniziò ad interessarsi all’aspetto filosofico dello zen a partire dal secondo dopoguerra, grazie anche alle influenze del movimento beat dei tardi anni Cinquanta. Il Diciannovesimo secolo ha infatti visto i concetti di semplicità ed essenzialità caratteristici dello Zen giapponese diffondersi nell’arte e nel design occidentali, grazie ai lavori di personalità come Le Corbusier, Alvar Aalto, Frank Lloyd Wright e Mies Van der Rohe, che seguendo il principio da lui coniato del “Less is more” ha ridefinito l’architettura novecentesca. E parliamo degli stessi concetti che nei primi anni Duemila hanno ispirato Steve Jobs e il suo “partner spirituale” Jonathan Ive  alla realizzazione del design di Iphone.

Ancora una volta, è proprio al concetto di “Less is more” che si è ispirato anche Wim Wenders nel suo ultimo film, candidato agli Oscar come miglior film in lingua straniera. Perfect Days contrappone infatti alla cultura occidentale, fatta di avidità, velocità ed eccessi, l’essenziale e apparentemente monotonia di una vita tranquilla, fatta di piccole gioie quotidiane. L’abitudine del protagonista di osservare in che modo la luce filtra tra le foglie degli alberi, il komorebi, esprime infatti appieno l’essenza della dottrina zen, ossia la capacità di cogliere la completezza della realtà. 

In Italia, il buddhismo viene associato ad una filosofia di vita da un buddhista italiano su tre. Questa tradizione nel nostro paese è praticata da 340 mila persone, la maggioranza delle quali donne (58%). Ne avevamo parlato di recente anche con Filippo Scianna, presidente dell’Unione Buddhista Italiana, fondata nella metà degli anni Ottanta allo scopo di rappresentare tutti i centri buddhisti presenti sul territorio italiano.

Per quanto riguarda nello specifico la disciplina zen, a Padova il Tempio OraZen, unico nel Nordest, rappresenta un punto di aggregazione per chiunque desideri condividere con gli altri il proprio percorso di crescita secondo gli insegnamenti universali di questa disciplina, che si concretizza nella pratica zazen. 

Secondo il Maestro Tetsugen Serra, fondatore di OraZen, il motivo per cui oggi si parla così tanto di meditazione sta nell’esigenza sempre più forte di ritagliarsi dei momenti di silenzio, che permettano di allontanarsi dalla frenesia della routine. Per potersi raccogliere in sé stessi sono sufficienti anche solo dieci minuti di silenzio al giorno, silenzio durante il quale i nostri sensi si impegnano a cogliere ciò che ci sta intorno. Solo in questo modo si può imparare a stare nel qui e ora.